“Eccesso di accudimento? Si, certo, però non generalizzerei, così come non generalizzerei sul fatto che questa sia una generazione timida. Elementi rivoluzionari stanno emergendo a partire dalla voce che si è levata sull’ambiente, che è stata alzata da una ragazzina svedese di 16 anni”
Pamela Pace è una psicoterapeuta e si occupa di giovani. In occasione dell’evento che si è tenuto a Milano, Iocisonoetu, si è confrontata proprio sul tema delle debolezze di questa generazione di giovani, ma anche sui loro punti di forza, sugli elementi che contraddistinguono oggi una famiglia e sulla preziosa forza che inocula ai propri figli, proprio nel momento in cui si dispiega il loro ingresso in società.
Non serve stigmatizzare la famiglia e neppure convincersi che i suoi cromosomi siano il prologo di un decadimento sociale, e dei più giovani in particolare, perché ogni nucleo fa storia a sé.
Dentro una complessità come quella contemporanea, uniformare tutti i nuclei familiari significa generare uno stigma che non è solo inverosimile ma nocivo, nella sua inverosimiglianza.
Va anche sottolineato in modo significativo, che quest’eccesso di accudimento è registrato dagli studenti. In aula hanno stigmatizzato il presenzialismo genitoriale e l’istanza protettiva esercitata in presenza di fenomeni violenti, che si determina con accompagnamenti coatti a scuola piuttosto che con l’insegnamento a difendersi da soli.
È il concetto espresso a microfoni spenti dalla professoressa Pace. “Occorrerebbe spiegare cos’è il bullismo, perché si fa molta confusione. Una cosa è la coercizione ripetuta nel tempo, magari con la forza fisica. Altra cosa l’evento casuale di uno scontro fisico, con l’altro da sé, in cui ogni studente può incorrere. Quello non è bullismo. È una suggestione crederlo. E sulla cosa bisognerebbe lavorare