Il carcere di Opera dove si ricostruisce l’anima di chi ha ucciso, anche con la musica

Lo ha voluto Giacinto Siciliano, direttore a quel tempo del Carcere di Opera, dove ho girato queste immagini. Una liuteria dentro un carcere di massima sicurezza.  Un posto in cui sono reclusi i 41-bis, gente che ha ammazzato, ha sciolto nell’acido, ha trafficato droga.

Eppure proprio in questo luogo di detenzione isolato, alle porte di Milano, dove è stato detenuto anche Totò Riina, il capo dei capi, l’idea dello Stato per una volta ha vinto. Me lo ripete uno dei responsabili dei secondini che lì lavorano ogni giorno: “Lei che fa il giornalista lo scriva. Qui lo Stato ha vinto e la mafia ha perso”. In effetti girando per il penitenziario mi rendo conto entrando dentro una sala adibita alla costruzione di violini, una liuteria, che qui l’idea del recupero del reo non è un’opinione ma un fatto reale. Passa attraverso un lungo processo di resipiscenza posto in essere con i gruppi di confronto ( il più noto è il gruppo della Trasgressione del Prof. Angelo Aparo https://youtu.be/I12TWUxiT9Q ) che da oltre 40 anni lavora dentro le carceri. Molti di quelli che qui finiscono, mi spiegano che essere figli di boss significa non avere nessuna libertà individuale. Significa non sapere cosa sia la libertà. Uno di loro mi ha spiegato di aver scoperto di essere un uomo libero solo dopo aver varcato la soglia del carcere ed essere stato arrestato. “Mio padre mi aveva insegnato che solo riuscendo a sopraffare l’altro, solo riuscendo a soverchiarlo e prendere il controllo della sua vita, avrei avuto potere. Avere potere questo significa: vincere i più deboli, avere il controllo della loro vita, significa prendere il controllo fittizio della propria. Per questo motivo ho scelto di cominciare a liberarmi proprio stando e vivendo il carcere, come emancipazione. Non potrò  mai riparare il dolore causato dalla mia precedente vita, ma.posso prevenire che si crei ancora in futuro attraverso forme di prevenzione nelle scuole”

È  la condizione del carcere come luogo d’incontro, e di costruzione del sé che si può cominciare a procedere alla edificazione una società più forte, più libera e con un’etica della responsabilità. La responsabilizzazione di sé parte da una capacità  di saper creare.

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